Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
 dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  nei confronti della regione
 Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica;
   Avverso la delibera legislativa riapprovata dal Consiglio regionale
 l'8 ottobre 1998 comunicata al Commissario del Governo il 13  ottobre
 1998  relativa  a "referendum consultivo in merito alla presentazione
 di proposta di legge costituzionale per l'attribuzione  alla  regione
 Veneto di forme e condizioni particolari di autonomia".
                               F a t t o
   Con la deliberazione legislativa in epigrafe il Consiglio regionale
 del  Veneto  ha  ritenuto  di  riapprovare  la  legge  regionale gia'
 deliberata il 23 aprile 1998, nonostante  il  rinvio  a  nuovo  esame
 allora disposto dal Governo della Repubblica.
   La  legge  regionale  di  cui  trattasi  e'  stata riapprovata, nel
 medesimo testo, a maggioranza assoluta dei componenti  del  Consiglio
 regionale    (trentaquattro   voti   favorevoli   su   sessantacinque
 consiglieri assegnati).
   Ricorrono, pertanto, nella fattispecie, i presupposti  dell'ipotesi
 di  cui  all'art.  127,  ultimo  comma,  della  Costituzione,  per la
 proposizione della questione di legittimita' davanti all'ecc.ma Corte
 costituzionale:  non soltanto, pero', i presupposti formali ma  anche
 quelli sostanziali;
                             D i r i t t o
   La  delibera  impugnata  appare in contrasto con gli artt. 1, 3, 5,
 70, 71, 121, 123, 138 Cost. nonche' con l'art. 47 dello statuto della
 regione Veneto.
   La  deliberazione legislativa ora riapprovata non costituisce certo
 una novita', perche' il Consiglio regionale del Veneto, nella  seduta
 del  20  dicembre  1991  ebbe gia' ad approvare un testo di legge, in
 parte analogo, relativo  a  "Referendum  consultivo  in  merito  alla
 presentazione  di  proposta  di  legge  statale  per  la  modifica di
 disposizioni costituzionali concernenti l'ordinamento delle regioni":
 testo di legge che, rinviato dal Governo a nuovo esame del  Consiglio
 regionale,  a  seguito  della riapprovazione del medesimo testo venne
 poi impugnato dinanzi alla Corte  costituzionale  che,  con  sentenza
 10-24 novembre 1992 (cfr.  Gazzetta Ufficiale - 1 serie speciale - n.
 50  del  2  dicembre 1992), dichiaro' l'illegittimita' costituzionale
 della sopra richiamata deliberazione consiliare.
   I motivi per i  quali  il  ricorso  presentato  dal  Governo  venne
 accolto  dalla  Corte costituzionale vanno ricondotti alla violazione
 dell'art.  121, secondo comma, e  dell'art.  138  della  Costituzione
 repubblicana.
   La   Corte   costituzionale,   riprendendo   anche   i   precedenti
 orientamenti gia' manifestati (cfr. sentenza 256 del 1989),  affermo'
 che  il  Consiglio  regionale ha la facolta', ai sensi dell'art. 121,
 secondo comma, Cost., di presentare proposte di legge alle Camere, ma
 non puo', attraverso la previsione di un referendum consultivo  della
 popolazione  residente, esercitare la sua influenza di indirizzo e di
 orientamento,  anche  nei  confronti  delle   successive   fasi   del
 procedimento  di  formazione della legge statale, fino a condizionare
 scelte discrezionali affidate all'esclusiva competenza  degli  organi
 centrali  dello Stato, poiche' finirebbe in tal modo per violare quel
 limite  proprio  dei  referendum   consultivi   regionali,   riferito
 all'esigenza   di  evitare  "il  rischio  di  influire  negativamente
 sull'ordine costituzionale e politico dello Stato".
   La ecc.ma Corte costituzionale in  quella  sede  soggiunse  che  il
 procedimento  di  formazione  delle  leggi dello Stato, quale risulta
 fissato  negli  articoli  70  e  ss.  della  Costituzione,  viene   a
 caratterizzarsi  per  una  tipicita'  che non consente di introdurre,
 nella fase della iniziativa affidata al Consiglio regionale, elementi
 aggiuntivi non previsti dal testo costituzionale  e  suscettibili  di
 aggravare,  mediante  forme  di  consultazione  popolare,  lo  stesso
 procedimento.
   Cio' anche in relazione allo stesso art. 138 della Costituzione che
 gia' prevede,  al  secondo  comma,  una  partecipazione  popolare  al
 procedimento,  nella  forma  del  referendum  confermativo,  cui puo'
 essere chiamato, per il  rilievo  fondamentale  degli  interessi  che
 entrano  in  gioco in sede di revisione costituzionale, solo il corpo
 elettorale nella sua unita' nazionale.
   Nel presentare il progetto di legge de  quo  la  prima  commissione
 consiliare  non  aveva  ignorato  la  pronunzia dell'ecc.ma Corte del
 1992, ma aveva cercato  di  liberarsene  disinvoltamente  osservando:
 "E'  di  tutta  evidenza  che  le  affermazioni  della Corte sembrano
 improntate piu'  a  ragioni  di  merito  politico  che  di  carattere
 giuridico-formale.    In  ogni caso la presente proposta, poiche' non
 attiene ad una proposta di riforma  generale  dell'ordinamento  delle
 regioni,  ma  attiene  esclusivamente al rapporto (patto) tra regione
 Veneto e  lo  Stato  non  puo'  essere  giudicata  sotto  il  profilo
 sostanziale   come   un   aggravio   dei   procedimenti   di  riforma
 costituzionale".
   Affermazione tanto piu' sorprendente perche' conclude una relazione
 in  cui, prendendo le mosse dal progetto della commissione bicamerale
 "per quanto riguarda la nuova forma di  Stato"  e  con  l'intento  di
 "consolidare  e  ampliare  questa  prospettiva"  cosi si individua la
 portata del progetto: "La novita' della  presente  proposta  rispetto
 alla precedente di legge regionale, del 1991, e' proprio in relazione
 al mutamento delle situazioni e degli strumenti proposti.
   Quella  del 1991 era relativa ad una proposta generale che chiedeva
 di modificare la costituzione per dare una  maggiore  autonomia  alle
 regioni;  la  presente  proposta  si  riferisce  esclusivamente  alla
 regione Veneto.
   Infatti, la strada che si intende percorrere muove dal  presupposto
 che  sia  possibile  per  la  regione Veneto, nell'ambito di un nuovo
 patto costituzionale, negoziare con lo Stato il proprio status: ruolo
 istituzionale, organizzazione, fuzioni,  in  una  parola  la  propria
 originale soggettivita'.
   Dunque  si  puo'  ipotizzare un foedus, un patto destinato a durare
 perche' coerente, con l'esigenza  di  consentire  alle  collettivita'
 locali  di  essere non solo strumenti dell'azione politica nazionale,
 ma centro di imputazione di doveri e diritti riferibile  innanzitutto
 a chi vive ed opera in un dato territorio civile: il proprio.
   Il  nuovo  statuto deve affrontare, sotto il profilo della politica
 istituzionale, il tema della centralita' della regione  in  un  nuovo
 modello   di   distribuzione   dei  poteri  e  delle  funzioni  della
 Repubblica, ulteriore e profondamente diverso  da  quello  vigente  e
 delineare  un  assetto  "federale"  della Repubblica, configurando lo
 statuto della regione quale "Carta costituzionale" nella  quale  sono
 enucleati   gli   stessi   principi  fondanti  di  un  nuovo  assetto
 ordinamentale della regione del Veneto.
   Il punto di partenza non e' piu' quello di  fissare  le  competenze
 regionali   in   rapporto  alle  competenze  statali,  ma  viceversa,
 capovolgendo la prospettiva tradizionale,  di  definire  le  funzioni
 statali   in  rapporto  al  riconoscimento  della  centralita'  delle
 funzioni regionali.
   Espressione di tale percorso sono i principi fondamentali  proposti
 per  lo  statuto  in  particolare  quello  per  cui lo stesso statuto
 regionale che riconosce e definisce  la  regione  "autonoma  ...  nel
 quadro   dell'Unione   europea   e  dell'ordinamento  federale  della
 Repubblica" e  quello  che  afferma  la  piena  e  generale  potesta'
 legislativa  della  regione,  circoscrivendo  puntualmente le materie
 riservate    allo    Stato;    sostanzialmente     l'esemplificazione
 tradizionale: "spada, moneta, toga e bandiera".
   Ci  scusiamo  con  la  Corte  di avere trascritto cosi' larga parte
 della richiamata relazione (che ha, naturalmente, ulteriori  passaggi
 su  singoli  punti): ma difficilmente si sarebbe potuta costruire una
 argomentazione critica, - a sostegno del ricorso - piu'  rigorosa  di
 quanto  non risulti (ex ore tuo ...) dalle affermazioni della regione
 appena riportateº
   Dopodiche' non puo' certo giovare alla regione - per escludere  "la
 ritenuta  analogia  al  (diverso)  caso  trattato  dalla  sentenza n.
 470/1992" - l'affermazione, contenuta nella relazione con cui  si  e'
 presentato  a  riapprovazione il medesimo, secondo cui "Il Governo, a
 torto,  ritiene  le  due  fattispecie  del  tutto   analoghe,   senza
 considerare  che nel caso in esame l'interesse che entra in gioco non
 e'  quello diretto ad una generale modifica della parte seconda della
 Costituzione, ma invece quello  volto  solo  ed  esclusivamente  alla
 definizione  di  un  particolare  livello di autonomia per la regione
 Veneto,  attraverso  un  nuovo  statuto  da  approvarsi   con   legge
 costituzionale;  cosicche'  il  referendum consultivo regionale viene
 necessariamente a coinvolgere, stante la  sua  funzione  propedeutica
 all'esercizio  dell'iniziativa  legislativa regionale, esclusivamente
 la collettivita' territoriale veneta".
   Certamente vi e' una differenza tra i  due  testi  di  proposta  di
 legge  costituzionale  del 1991 e del 1998 - ora sottoposto all'esame
 della Corte - ma non nel senso in cui il  Consiglio  regionale  cerca
 ora di delinearla.
   Il Consiglio regionale infatti ha cercato di minimizzare la portata
 dell'attuale proposta evitando nel testo (ma non nella relazioneº) le
 espressioni  piu'  enfatiche  e  altisonanti  del precedente: ma tale
 accorgimento  ha  solo  una  portata  nominalistica,  perche'  -  con
 formulazione  piu' soft - la regione ha sostanzialmente accentuato la
 portata preminente -  nel  quadro  complessivo  dell'ordinamento  dei
 poteri regionali.
   Non  basta  quindi  il  tentativo di notomizzare il procedimento di
 revisione costituzionale - che la regione Veneto vuole avviare ed  in
 cui  il  referendum  de  quo  si  inserisce - attraverso una serie di
 "distinguo" tra i procedimenti regionali e statuali e  le  rispettive
 fasi:   tentativo  meritevole  di  apprezzamento  come  esercitazione
 casistica ma  che  non  puo'  eludere  il  fondamentale  criterio  di
 interpretazione  giuridica - tanto piu' rigoroso quanto piu' riguarda
 i principi fondamentali dell'ordinamento - di  ricondurre  ad  unita'
 tutti  gli elementi che "cospirano" verso un risultato unitario (che,
 nella specie, investe lo  stesso  asse  portante  della  Costituzione
 della Repubblica).
   Dire,  quindi,  che  la Corte - nel 1992 - si era inspirata "piu' a
 ragioni di merito  politico"  che  di  carattere  "giuridico-formale"
 equivale  negare  alla  Corte  il  potere di valutare il rispetto dei
 principi fondamentali, di cui e', ed in primis - il massimo presidio.
   Non  passeremo  quindi  ad  esaminare  analiticamente  le   singole
 previsioni  della  proposta:  ognuna  di  esse  conferma  -  in  modo
 trasparente ed univoco - che quelle blandamente  definite  all'inizio
 come  "forme  e  condizioni  particolari  di autonomia" della regione
 Veneto - sono attribuzioni che investono  tutti  i  temi  nodali  del
 rapporto  tra  Stato  e  regioni (tutte le regioni) all'interno della
 Repubblica: e  non  possono  riguardare  "esclusivamente  la  regione
 Veneto"  fino  a  che  esiste  un  ordinamento  unitario  in  cui  le
 modificazioni essenziali attinenti ad ogni ordinamento particolare si
 riflettono  sugli  altri  analoghi  ed  ovviamente   sull'ordinamento
 generale.
   Cosicche'  la  proposta  di  legge  regionale in esame - diretta ad
 indire un referendum consultivo della (sola)  popolazione  veneta  in
 materia  fondamentale  di  revisione costituzionale - e' in contrasto
 non solo con l'art. 47 dello statuto della regione Veneto e gli artt.
 1, 3, 5, 70, 71, 121, 123, 138 Cost.,  ma  pone  in  discussione  gli
 stessi artt. 1, 3, 5 della Costituzione stessa.
   Il  che  induce  a  ritenere  che  tutti  gli argomenti a suo tempo
 sottoposti all'esame della Corte ecc.ma - su ben diversi  presupposti
 e  condizioni,  come  la  stessa  regione  afferma ora solennemente -
 richiedono di essere ripresi  funditus  in  esame  a  salvaguardia  -
 nell'ottica  non  solo  della costituzione formale ma anche di quella
 materiale, dell'unita' dell'ordinamento  e  della  volonta'  politica
 generale di tutti i cittadini della Repubblica.